Terrorismo Evitiamo di andare allo sbaraglio Siamo abbastanza impressionati dalle parole del ministro Gentiloni sulla necessità di contrastare il terrorismo sul piano militare. Non perché siamo scandalizzati o ci spaventa la parola “crociato”, ma perché consideriamo la questione dal 2001. Prima di assistere alla persecuzione dei cristiani nel mondo che si è sviluppata in questi anni c’era stato infatti un attacco indiscriminato al cuore di New York, contro la popolazione civile. Cosa avrebbe dovuto fare una nazione dopo un simile episodio? L’America reagì con la guerra al terrore, tanti la contestarono, noi fummo convinti delle sue ragioni. Per cui non crediamo affatto che intervenire contro il terrorismo sia un errore, al contrario siamo convinti che sia un errore pensare di poter battere il terrorismo che è un fenomeno militare, senza ottemperare alla guerra sul campo, pensando che sia un’operazione di intelligence quasi riguardasse una piccola setta e non un fenomeno di massa internazionale che opera sul fronte di quattro continenti. Gentiloni pensa che in futuro si potrebbe valutare l'opportunità di contribuire al contrasto del terrorismo in Libia o di fenomeni come Boko Haram in Nigeria. I carabinieri italiani sono giù impegnati in Somalia per contribuire alla formazione e all'addestramento delle forze armate locali che devono combattere proprio contro i responsabili della strage di Garissa. Per cui egli è consapevole della dimensione militare come del resto si evince dalla nostra missione in Afghanistan e anche da quella che svolgemmo in Iraq. Il problema è se siamo militarmente preparati a scenari ancora più complessi come quello libico e appunto quella nigeriano. La nostra impressione è che non lo siamo. Soprattutto non lo siamo a livello europeo, perché vogliamo escludere che l’Italia da sola invii un corpo di spedizione in Libia. Per cui vorremmo dire al governo e al ministro degli Esteri italiano che se si è convinto della necessità di un intervento innanzitutto bisogna rivolgersi alle comuni istituzioni europee e ovviamente a quella principale sul piano istituzionale che è la Nato. Noi abbiamo posto molta fiducia all’azione dell’ambasciatore dell’Onu, Bernardino Leon che ci pare essere rimasto con un pugno di mosche in mano. È opportuno allora cambiare registro, si eviti solo di andare allo sbaraglio. Roma, 7 Aprile 2015 |